For the past couple of years, I have been conducting interviews with people who live in Anghiari. Some are conducted in Italian, some in English, and they are all published in both languages on this blog. While in Anghiari in spring this year, I continued this project.
Appartenenza ad Anghiari – Daniele Cavallotti
Daniele è nato a Pavia, una città a 30 km a sud di Milano. Vive ad Anghiari dal 2011 quando si è trasferito per stare vicino a Elisa Sassolini con cui ora è sposato. Ho anche intervistato Elisa e i genitori, le loro interviste saranno pubblicate fra poco. Daniele ha una laurea in legge e ora ad Anghiari si occupa di varie proprietà, quasi tutte di stranieri, e degli ospiti che le affittano. Anch’io sono stata una di loro e ho visto con che impegno Daniele svolge il suo lavoro. L’intervista si è svolta in inglese, è stata poi trascritta e tradotta da Mirella Alessio e questa ne è la versione editata in italiano.
Sono nato nel 1969 quindi quest’anno compio 50 anni e questa è una cosa che mi fa riflettere. I miei genitori…penso a loro spesso. Mio padre era una persona di origini modeste, ha cominciato a lavorare in banca a 17 anni e, 40 anni dopo, era vice-direttore della filiale. Ha fatto una notevole carriera perché era una persona con un certo talento e …che amava la gente, mandavano lui quando aprivano una nuova sede. Mia madre era una casalinga, ma aveva lavorato con successo come segretaria in una ditta molto innovativa che produceva autoclavi. Quando sono nati i bambini aveva deciso di stare a casa e fare la mamma. Eravamo in tre, vicini d’età, io sono il più grande, poi mio fratello, un anno più giovane e mia sorella che ha quattro anni meno di me.
Ora, la storia della famiglia… c’era questa specie di nuvola che incombeva, perché mia madre aveva una sorella maggiore, gravemente disabile che, negli anni ’50, venne messa in una casa di cura, perché non potevano prendersi cura di lei a casa e in quegli anni c’era uno stigma. Questa sorella sopravvisse a mia madre, rimase 70 anni in una casa di cura… era un bel posto, non era un manicomio. Ma questa situazione provò profondamente mia madre che, dall’età di dodici anni fino a un paio d’anni prima della sua morte, andò a trovarla ogni sabato. Anch’io quando potevo ci andavo.
La mia relazione con mio padre è migliorata con gli anni. Lui poteva essere severo: “No, devi studiare… Perché ci vai?…” ma era anche affettuoso. Lui decise di rimanere in banca finché noi non avessimo tutti un lavoro, anche se negli ultimi anni l’atmosfera lavorativa era completamente cambiata, privatizzazioni e fusioni, non era più la banca locale che forniva un servizio alla comunità.
Quando è andato in pensione, ha cominciato a fare volontariato, era il tipo di persona con un senso del dovere, non gli piaceva stare senza far niente. A Pavia c’è un ospedale molto importante, la gente viene da tutta Italia e dall’estero. Spesso i parenti hanno bisogno di un posto dove alloggiare, e anche i pazienti quando sono dimessi dall’ospedale. Queste persone, spesso ci si approfittava di loro, così, nell’anno del giubileo, il Comune aprì un ostello e un’associazione per alloggiare gli ospiti e mio padre lavorò per loro. Mia madre era preoccupata perché c’erano pazienti molto piccoli, era emotivamente impegnativo. Mio padre era molto bravo con i bambini, perché gli piaceva giocare… E io ricordo questo bambino che era stato ricoverato per una leucemia, che poi ritornò e morì. Mio padre era sconvolto perché aveva passato molto tempo con la famiglia e il piccolo.
Mio padre è morto nel 2004 di cancro ai polmoni, aveva fumato da quando aveva dodici anni, ma poi aveva smesso 10 anni prima di ammalarsi. Gli fu diagnosticato il tumore e dopo quattro mesi se n’è andato. Per noi è stato un periodo molto difficile. Siamo riusciti a portarlo a casa, è morto a casa, con tutta la sua famiglia e le sue cose intorno a lui. Io ero molto commosso dalle manifestazioni di dolore della gente. Ricordo uno dei suoi colleghi scoppiare a piangere e un altro dirmi: “Tuo padre per me è stato un maestro, un esempio”. La chiesa era molto affollata.
Mia madre si ammalò nel 1984 di una forma grave di epatite C e aveva bisogno di trattamenti pesanti di tanto in tanto. Si riprendeva e poi aveva delle ricadute. Ma lei era una donna molto forte e voleva essere completamente autonoma. Sì, anche lei è morta a casa. È morta nel 2015, a 75 anni. Io ho vissuto con lei negli ultimi anni, perché avevo trovato un lavoro a Milano. All’epoca ero sposato con Elisa e abitavo ad Anghiari, così stavo a Pavia con mia madre durante la settimana e facevo il pendolare. Tutto quel viaggiare è stato difficile, ma alla fine, la cosa più importante era che sono stato con mia madre durante quel periodo. Quando è morta è stata quasi una sorpresa, anche se eravamo preparati perché aveva una condizione seria, ma uno continua a pensare… che lei stesse bene. Probabilmente lei ha aiutato me più di quanto non abbia fatto io, le piaceva prendersi cura di me quando stavo là.
Torniamo alla mia infanzia. Sono andato alle elementari dai Salesiani, dalle suore, che sono state molto importanti per me. Per i miei genitori era un sacrificio economico, ma si era negli anni ’70, un periodo di disordini in Italia, e loro volevano un ambiente protetto per me. I Salesiani erano molto moderni nella loro educazione…anche se erano cattolici, non erano di mente ristretta. Era un’educazione aperta, con molte opportunità e diverse attività… ci hanno fatto vedere dei film prima che in altre scuole in Italia. La cosa più importante della scuola è che lì ho incontrato Andrea che è ancora il mio migliore amico. E io sono ancora in contatto con la mia maestra, suor Diana. È andata in pensione e sta a Novara.
Il passaggio alle medie in una scuola pubblica è stato piuttosto difficile perché c’erano dei bulli, io non mi trovavo bene, ero socialmente goffo. Poi sono andato al liceo classico, dove le materie principali erano greco, latino, un’educazione classica. Io ero uno studente bravo, ma non sempre diligente… Alla fine sono andato abbastanza bene. Un’esperienza formativa a quell’epoca sono stati gli Scout. Sono entrato come lupetto e ci sono rimasto fino a quando avevo 19 anni. (Mio fratello ci è rimasto fino a quando aveva 30 anni come capo.) Io ho stretto delle amicizie che sono rimaste fino a oggi, mi ha trasmesso un senso del dovere e l’idea dell’importanza di aiutare gli altri.
Un’altra passione che avevo da giovane era il rugby. Ho cominciato a giocare a 16 anni e ho smesso a 30. Anche se mi ha dato fiducia in me stesso e occasioni di fare amicizie, c’erano altre cose che non erano così positive… passavo tutto il tempo con la squadra di rugby… probabilmente una cosa tipica della mia vita è che ho una forte passione per un lungo periodo e poi, a un certo punto, sento che non fa più per me e l’abbandono. E poi ero in Amnesty International, questo è stato molto importante per me, per molti anni.
Ho studiato Legge all’università di Pavia che fa parte del gruppo di Coimbra, il gruppo delle 50 università più antiche in Europa. Ho scelto Legge perché pensavo di diventare un magistrato. Probabilmente non era la strada giusta per me, in Italia, il modo di studiare legge è estremamente teorico, ti preparano per la carriera universitaria, non impari cosa fa un avvocato o un giudice.
Ho praticato legge per un anno. Poi ho cambiato obiettivo e ho fatto un corso di diritto europeo, finanziato dalla regione e ho cominciato a lavorare in una società partecipata, pubblica/privata che aiutava i piccoli imprenditori. In relazione a questo lavoro ho cominciato a studiare inglese e ho fatto uno stage a Manchester e poi è diventato una passione per me, mi ha aperto un mondo. Ho continuato a lavorare in questo campo per oltre dieci anni, principalmente per BIC (Business Innovation Centre) un network europeo che sostiene lo sviluppo di imprese con l’aiuto di fondi europei. Un progetto era diretto agli artigiani per prepararli a presentare i loro servizi a grandi industrie, un lavoro di consulenza che ottenne alcuni buoni risultati e fu apprezzato dalle regioni coinvolte.
A Pavia avevo un appartamento dove abitavo da solo. Il lavoro andava bene, avevo alcuni progetti importanti, c’era Amnesty, un po’ di rugby, ho fatto dei viaggi in America, Sud Africa, Zambia. Ma a questo punto non ero veramente soddisfatto della mia vita personale. Avevo ottimi amici, ma nessuna relazione stabile. Ho cominciato con la fotografia che è diventata un’altra passione, abbastanza con buoni risultati, e qualche volta ho venduto delle foto. Ma ero in una specie di limbo, ho provato con la meditazione, lo yoga, ero interessato a qualcosa di spirituale e pensavo di ritornare in chiesa.
E poi c’è stato questo evento molto traumatico che ha avuto un fortissimo impatto su di me. Era il 2008. Ho avuto un incidente d’auto molto grave in cui mi sono malamente fratturato le anche e ho avuto un’embolia. Sono stato per un lungo periodo in ospedale. È stato un incidente stupido, erano le due di notte e ho mancato di un soffio un’auto che veniva dalla direzione opposta. Ci furono grandi manifestazioni di sostegno, molti vennero a trovarmi e mio fratello e il mio migliore amico Andrea, che è un medico, fecero in modo che andassi nel migliore posto possibile. Ci sono voluti sei mesi di riabilitazione ma ha portato un grande cambiamento in me. Ero diventato più calmo, più sereno, più fiducioso che potevo affrontare una situazione difficile, forse ero più forte di quanto non avessi pensato. E ero sicuro di essere apprezzato, amato, ero commosso da quanta gente mi telefonava e diceva “Prego per te”. Ma la parte più importante di questa esperienza è stata Elisa…
Avevo già incontrato Elisa un paio di anni prima, perché era amica di una ragazza che conoscevo che lavorava a un progetto europeo sulle economie eque e sostenibili. Elisa era venuta con la sua amica all’assemblea generale dell’associazione a Milano. Mi era proprio piaciuta ma lei non era così interessata a me. Ci parlavamo di tanto in tanto e ci incontravamo quando lei veniva a trovare la sua amica.
Dopo l’incidente, l’ho sentita e abbiamo riallacciato i contatti. Lei notò che c’era qualcosa di diverso in me, che ero più calmo. La distrazione è uno dei miei peggiori difetti e Elisa, che è incredibilmente brava con le persone, è riuscita a leggerlo in me. Lei mi conosce molto bene! E così abbiamo cominciato a chiacchierare per telefono e poi sono venuto ad Anghiari. Mi ricordo che era il primo maggio 2009, ricordo Anghiari con tutti i negozi. Ho incontrato brevemente i suoi genitori e altri membri della sua famiglia. Così abbiamo cominciato a frequentarci ma ci è voluto molto tempo, lei non voleva un fidanzato ufficiale, era prudente… per mesi mi ha presentato alla gente come “il mio amico Daniele”. Comunque è venuta abbastanza presto a Pavia e ha incontrato mia madre.
C’è stata un cosa particolarmente importante che noi consideriamo come una specie di segno, ci ha avvicinati. Prima dell’incidente avevo passato qualche giorno a fare foto in una comunità che si chiama Nocetum, gestita dalle suore, alla periferia di Milano. È un gruppo spirituale con una piccola chiesa, hanno trasformato una fattoria abbandonata in un centro per donne e bambini che hanno bisogno di un rifugio. Sono persone molto brave che fanno cose fantastiche. Sono rimasto in contatto con loro dopo che mi ero rimesso. Dopo l’incidente stavo ancora pensando alla fede, ai miei dubbi e al desiderio di ritornare a farne parte e ho parlato con questa suora, Gloria, lei mi ha suggerito un libro con profonde riflessioni sulla fede. Era Martin Buber, Il cammino dell’uomo. Me l’aveva consigliato perché non è un libro che fa proselitismo (Buber è ebreo), ma è un libro maturo. Poche settimane dopo, andavo a trovare Elisa ad Anghiari per la seconda volta, lei mi disse: “Ho un regalino per te, è un libro che ho trovato molto importante… mi è stato consigliato dal mio amico, padre Tommaso, un monaco che ho conosciuto in Africa”. Era lo stesso libro che Gloria mi aveva consigliato. Ero molto emozionato e l’ho considerato un segno, specialmente perché non è che Buber sia poi così famoso. Da allora è stato uno sviluppo naturale.
Mi trasferii ad Arezzo dove allora abitava Elisa che stava lavorando con il negozio di famiglia, Busatti, e allo stesso tempo studiava agraria a Firenze. Io tornavo a Pavia una settimana al mese per lavorare con BIC e ad Arezzo lavoravo ad un altro progetto con una cooperativa. Dopo un anno mi sono trasferito ad Anghiari perché Elisa si era laureata e aveva cominciato a lavorare per una ditta di macchine agrarie vicino ad Anghiari.
Non siamo vissuti insieme fino a quando non ci siamo sposati nel 2013. Poi abbiamo abitato in un appartamento nella parte antica della città, dove avevo abitato io in precedenza e siamo rimasti lì per cinque anni. Un anno fa ci siamo trasferiti dai genitori di Elisa, in campagna, al Carmine (a 4 km da Anghiari). Loro hanno un’altra casa a Firenze e passano metà del tempo là.
Ci siamo sposati alla chiesa del Carmine, è stato molto bello. Abbiamo deciso di avere dei canti normali. C’erano molti bambini al matrimonio perché molti dei nostri amici si erano sposati giovani. Così mio cognato che è un insegnante e canta in una chiesa a Milano ha preparato un coro di bambini per cantare i canti religiosi più famosi. C’erano 180 persone. È stato bellissimo che mia madre sia riuscita a venire…è stato abbastanza complicato perché all’epoca era spesso in ospedale e aveva bisogno di antibiotici per via endovenosa. Mio fratello e il mio amico Andrea hanno aiutato molto per gli aspetti pratici di farla venire al matrimonio. Ero anche felice che mio zio, il fratello di mio padre e la zia fossero venuti e che gli fosse piaciuto così tanto. Abbiamo fatto il ricevimento nel chiostro. Non avevamo molti soldi ma la gente ci ha aiutato molto. Per il buffet avevamo comprato molto in zona, da amici. È stato molto semplice ma siamo stati aiutati molto da Silvia, Grazia del negozio… alla fine la gente è stata molto contenta.
Direi che ho una relazione dolce-amara con Anghiari. Da un lato è veramente un posto speciale. Mi piace la gente, il loro senso dell’umorismo, l’idea di comunità e mi piace il passato medievale. Ma c’è questa idea provinciale. A Milano, se avessi fatto qualcosa di stupido, avrei potuto andarmene, qui devi stare attento, tutti sanno tutto. Penso che potrei vivere qui molto bene, ma probabilmente non potrei mai essere un vero anghiarese, mi manca il DNA della gente di paese.
Quando ho cominciato a vivere ad Anghiari, ho fatto lo stesso tipo di lavoro di consulenza che facevo prima. Il contratto annuale a Milano era con una ONG francese specializzata nel sostegno agli svantaggiati per aiutarli ad aprire nuove attività. Poi Giovanni, il cugino di Elisa, mi ha offerto la possibilità di fare il lavoro che faccio adesso. Giovanni è la persona più generosa, gli sono così grato. Lui amministrava Palaia (un gruppo di case di vacanza appena fuori il paese) e l’ha passata a me da gestire. E poi quando un’altra persona decise di andare in pensione, lui ha sentito Giovanni che l’ha messo in contatto con me. Adesso gestisco la maggior parte delle proprietà che gestiva lui.
Trovo questo lavoro gratificante. Prima, avevo sempre lavorato su progetti in modo intellettuale, il che talvolta poteva sembrare senza significato. Con questo lavoro ho un senso di soddisfazione e questo mi rende felice. Per esempio, in piena alta stagione capita che debba aiutare a pulire le case, tutti sono coinvolti. “Ok, il forno lo pulisco io” dopo c’è la sensazione di aver ottenuto dei risultati. Ci sono più cose positive che negative in questo lavoro: ho un gruppo di persone fidate che lavorano per me, incontro gente molto diversa, imparo cose interessanti. Mi piace organizzare e, in generale, la gente è veramente soddisfatta di quello che facciamo. E a me va bene perché mi piace accogliere la gente. E ho grandi responsabilità perché ho le chiavi di 14 case.
Ho appena iniziato un piccolo progetto di visite a una cantina del posto. Penso di aver cominciato nel modo giusto, perché non ho iniziato con una proposta teorica. Ho cominciato a mandare ospiti per fare delle degustazioni, poi un paio di volte li ho anche accompagnati io e mi sono reso conto che c’era un problema perché la parte più interessante è la storia personale, lui è un tipo interessante ma il suo inglese è molto limitato. Così ho proposto che avremmo potuto farlo insieme, “Io posso mandarti delle persone, vengo anch’io con loro e traduco”. Il primo appuntamento è stasera.
Quasi non ci posso credere che vivo qui. Ho sempre pensato che sarei vissuto a Pavia, magari Milano. Anghiari è un posto con una qualità di vita molto alta, la gente è amichevole, puoi veramente sentirti parte della comunità. C’è una passione, un senso della storia e della cultura. È un posto dove accadono cose straordinarie. Si possono incontrare persone interessanti, puoi incontrare degli attori, ho visto Claudia Cardinale qui. C’è sempre molta animazione.
A Pavia ci torno solo a Natale, per andare da mio fratello e mia sorella. Adesso con le case è quasi impossibile andare via, questo è il lato negativo del mio lavoro. D’altro lato mi sento orgoglioso di saper spiegare delle cose su Anghiari alla gente. Essendo una persona che è arrivata da fuori penso di notare cose che magari chi sta qui dà per scontate. Riti antichi, come la processione del Venerdì Santo che, secondo me, è una cosa straordinaria.
Prima di venire ad Anghiari Elisa mi aveva detto: “è molto bella”. La prima volta sono arrivato da Sansepolcro e veramente è incredibile, le mura medievali che si ergono dalla piana. Ho proprio avuto l’impressione di vivere in una Toscana da sogno.
Adesso io e Elisa stiamo per fare un grande passo perché abbiamo chiesto un prestito in banca per ristrutturare la casa che condividiamo con i suoi genitori. Abbiamo deciso che sarà la nostra casa principale, è una decisione piuttosto importante. Come l’abbiamo presa? Beh, una delle condizioni della nostra relazione era che saremmo rimasti qui, ad Anghiari o nella zona, perché Elisa ha un forte legame qui e non avrebbe preso in considerazione l’idea di trasferirsi al nord. Poi abbiamo deciso che dovevamo andarcene dall’appartamento che affittavamo nella città vecchia. Ci piaceva molto ma c’erano dei problemi strutturali che avrebbero richiesto grandi lavori. Così abbiamo deciso che sarebbe stato meglio investire in qualcosa che sarebbe poi stato nostro… e ora… Abbiamo fatto grandi discussioni con i genitori di Elisa, ovviamente questa è una situazione complessa e i lavori comporteranno disagi per tutti. Ma speriamo che i risultati costituiscano un miglioramento per tutti noi che vivremo insieme nello stesso posto.
Vivere ad Anghiari mi piace proprio. Mi piace la gente. Mi sono fatto delle amicizie, specialmente fra gli amici di Elisa e i suoi cugini, ma ho anche dei veri amici fra i proprietari e gli ospiti dei posti che gestisco. E mi sento ben accolto qui.
Belonging in Anghiari – Daniele Cavallotti
Daniele was born in Pavia, a town 30 km south of Milan. He has lived in Anghiari since 2011 when he came here to be near Elisa Sassolini, to whom he is now married. (I have also done interviews with Elisa and her parents which will be posted here soon.) Daniele has a law degree and, now, in Anghiari, is working as a caretaker of houses, owned for the most part by foreigners, and the guests who rent them. Being one of those guests, I saw the care Daniele took in this work. The interview was conducted in English, and Mirella Alessio transcribed it and translated this edited version into Italian.
I was born in 1969, so this year I am 50, and that is something that gives me pause. My parents … I think of them often. My father was a person from humble origins, he started work in a bank at 17 years old, and 40 years later he was vice-director of the headquarters. It was a very significant career, because he was a guy with some kind of talent and…he was a people person – they used to send him when they opened a new agency. My mother was a housewife, but she had worked successfully as a secretary in an innovative company that produced autoclaves. With children, she decided to stay at home and be a mum. There were 3 of us, close together – I’m the oldest, then my brother, who is a year younger, and then my sister, who is four years younger than me.
Now, also the story of my family … there was this kind of a cloud because my mother had an older sister who had a serious disability, and in the ’50s she was put in an institution, because they couldn’t look after her at home, and in those days there was a stigma. This sister outlived my mother, she stayed for 70 years in the institution…it was a nice institution, it wasn’t an asylum. But this situation affected my mother profoundly, and from the age of 12 until a couple of years before her death, she went every Saturday to take care of her sister. I would go and visit too when I could.
My relationship with my father improved over the years. He could be severe – ‘No, you have to study…Why are you going?…’, but he was also affectionate. He decided to stay on in the bank until we all had jobs, even though in the last years it was a completely changed work environment – with privatisations and mergers, it was no longer a local bank providing a service to the community.
When he retired, he began doing voluntary work – he was the sort of person who has a sense of duty, he didn’t like to be lazy. In Pavia there is a very important hospital, and people come to it from all over Italy and abroad. Often relatives need accommodation, and patients too, when they have been discharged from hospital. These people were often exploited, so, during the jubilee, the Comune established a hostel and an association to host guests, and my father worked with them. My mother was worried because there were very young patients, and it was emotionally demanding. My father was very good with small children, because he was playful…. And I remember this young boy who recovered from leukaemia, then it came back, and he died. My father was devastated, because he’d spent a lot of time with the family and the child.
My father died in 2004, of lung cancer. He’d been a smoker since he was 12, but he’d quit 10 years before. He was diagnosed with this cancer and after 4 months he was gone. For us, it was a very demanding time. We were able to bring him home, he died at home, with all his family and things around him. I was really, really moved by the outpouring of grief from people. I remember one of his colleagues burst into tears, and another one said to me, ‘your father for me was a teacher, an example’. There was a very full church.
My mother suffered from a serious form of hepatitis C, which she’d had since 1984, and she required difficult treatments from time to time. She would recover and then go down again. But, she was a very strong woman, and wished to be completely autonomous. Yes, she too died at home. She died in 2015, at the age of 75. I was actually living with her for the last year of her life, because I had found a job in Milan. I was by then married to Elisa and living in Anghiari, so I lived in Pavia with my mother during the week and commuted. All that travelling was difficult, but, in the end, the most important thing was that I was staying with my mother during that time. When she died it was kind of surprising, even though we were prepared because she had a serious illness, but you keep thinking … she is doing ok. Probably she helped me more then I helped her – she liked to care for me when I got there.
Going back to my childhood. I did my primary school with the sisters, the Salesiani, which has been very important for me. It was an economic sacrifice for my parents, but it was in the ’70s, a period of unrest in Italy, and they wanted a sheltered environment for me. The Salesiani were very modern in their education … even though they were catholic, they weren’t narrow minded. It was an open education, with lots of opportunities and different activities… they showed films, before anyone else in Italy. The most important thing in the school was that I met Andrea, who is still my best friend. And I am still in contact with my teacher, suor Diana. She has retired in Novara.
The passage to public school in junior high was quite difficult, because there were bullies, I didn’t really fit in well, I was kind of socially awkward. Then I went to Liceo classico, where the main subjects are Greek, Latin, a classical education. I was an able student but not always diligent… . In the end I did quite well. A defining experience at the time was the Scouts. I entered as a cub and then I stayed until I was 19. (My brother stayed till after he was 30 as Group Leader.) I developed friendships that have lasted to this day, and it gave me a sense of duty, an understanding of the importance of helping people.
Another passion I had when I was young was rugby. I started playing at 16, I quit around 30. Even though it gave me confidence and friendship, there were other things that were not so positive … I spent all my time with the rugby team …. Probably a common thing in my life is that I have a strong passion for a long time and then at a certain point I feel that it isn’t the right thing anymore and I leave. And then I was in Amnesty International – that was very important to me, for many years.
I did law, at Pavia University – it’s included in the Coimbra group, the group of the 50 oldest universities in Europe. I chose law because I thought of becoming a magistrate. Probably it wasn’t the right path for me – the Italian way of studying law is extremely theoretical, they train you to be a university law professor; you don’t learn what a lawyer or a judge does.
I practised law for a year. Then I had another focal point: I did a training course on European law, financed by the region, and started working in a private/public company that helped small businesses. In connection with this work, I started studying English (and did a working placement in Manchester), and then it became a passion of mine, it opened a world to me. I continued working in the same field for more than 10 years, mostly with BIC, (Business Innovation Centre), a European network supporting the local development of businesses with the assistance of European funding. One project involved connecting artisans to prepare them to present their services to big industries – a consulting job that obtained some good results and was appreciated by the regions involved.
I had a house in Pavia where I was living by myself. Work was going well, I had some important projects; there was Amnesty; a little bit of the rugby; I did some travel in America, South Africa, Zambia. But, at this time I was kind of not really satisfied with my personal life. I had very good friends but not steady relationships. I took up photography which became another passion, with quite good results, and sometimes I sold some pictures. But I was in this kind of limbo – I tried meditation, yoga, I was interested in something spiritual and thought about returning to the church.
And then there was this very traumatic event, which had a deep impact on me. This was in 2008. I had a very serious car accident, in which I broke my pelvis badly, and developed an embolism. I was in the hospital for a long time. It was a very stupid accident, it was 2 o’clock in the morning, and I just missed the on-coming car. There was a very big outpouring of support for me, a lot of people came to visit me, and my brother and my best friend Andrea, who is a doctor, organised for me to go to the best place possible. It took 6 months of rehabilitation, but it brought a big change in me. I became calmer, more serene, confident that I could cope with difficult situations – maybe I was stronger than I had thought. And, I was confident that I was appreciated, loved: I was moved by how many people called and said ‘I’m praying for you’. But the most important part of this experience was Elisa…
I had already met Elisa a couple of years before, because she was friends with a woman I knew working in a European project on fair and sustainable economies. Elisa came with her friend to the general assembly of the association in Milan. I really liked her, but she wasn’t so interested in me! We talked from time to time and we met when she visited her friend.
After the accident, I contacted her and we reconnected. She really saw something different in me, that I was calmer. (Distraction is my most important fault, and Elisa, who is incredibly bright about people, could see that in me. She knows me very well!) And so we started to chat on the phone, and then I came down to Anghiari. I remember, it was the 1st May 2009, I remember Anghiari with all the shops. I briefly met her parents and other members of her family. So we hooked up, but it took a long time; she didn’t want a formal fiancé, she was cautious…for months she introduced me to people as ‘my friend Daniele’. Anyway, she came quite soon to Pavia and met my mother.
There was one particularly important thing that we considered as a kind of sign – it brought us together. Before I had the accident I had spent some days taking photographs at a community called Nocetum, run by nuns on the outskirts of Milan. It is a spiritual group, with a small church; they turned an abandoned farm into centre for women and children that need refuge. They are very nice people and do fantastic things. I stayed in touch with them after I had recovered. After the accident I was still thinking about the faith, my doubt and the wish to reconnect with it and I spoke with this nun, Gloria, and she suggested a book with a deep reflection about faith. It was Martin Buber, The Way of Man; She suggested it because it wasn’t a proselyting kind of book (Buber is Jewish), but a mature book. A few weeks afterwards, when I visited Elisa for the second time in Anghiari, she said ‘I have a small gift for you, it is a book I found very important… it has been suggested to me by my friend fr. Tommaso, a priest whom I met in Africa’. It was the same book that Gloria had suggested to me. I was very moved and considered it sign – it’s not as if Martin Buber is a household name. It was a natural progression from there.
I moved to Arezzo, where Elisa was staying at the time – she was working in the family shop (Busatti) there and doing a degree in agronomy in Florence. I went back to Pavia for a week every month to work with the BIC, and in Arezzo I was working on another project with a cooperative. After a year, I moved to Anghiari because Elisa had graduated and started working for an agricultural machinery company near Anghiari.
We didn’t live together until after we were married in 2013. Then we lived in an apartment in the old part of town, where I’d been living, and stayed there for 5 years. A year ago we moved in with Elisa’s parents, in the country at Carmine [4 kms out of Anghiari]. They have another house in Florence and spend half their time there.
We were married in the church of Carmine – it was very beautiful. We decided to have common songs. There were going to be a lot of children at the wedding because a lot of our friends had married younger. So, my brother-in-law, who is a teacher and sings in a church in Milan, prepared a choir of children to sing the most common church songs. There were 180 people. It was wonderful that mother was able to come … it was quite complicated because at the time she was in hospital a lot, and needing intravenous antibiotics. My brother and my friend, Andrea, helped a lot with the process of getting her to the wedding. I was also happy because my uncle (my father’s brother) and aunt came and enjoyed it so much. We had the reception in the cloister. We didn’t have much money but people helped a lot. For the buffet, we bought most of the stuff locally, from friends. It was very simple but we had a lot of help from Silvia, Grazia from the shop …. In the end, people were happy.
I would say I have a bittersweet relationship with Anghiari. On the one hand it is a really special place. I like the people, the sense of humour, the idea of community, and I like this medieval past. But there is this kind of parochial view. In Milan, if I did something stupid, I could move away; here you have to be careful, everyone knows everything. I think I could live here very happily, but I probably couldn’t be a true Anghiarese – I lack the DNA of the village people.
When I started living in Anghiari, I was doing the same sort of consulting work I’d done before. The year’s contract in Milan was with a French NGO that specialised in supporting disadvantaged people in opening a new business. Then Giovanni, Elisa’s cousin, gave me the opportunity to move into the work I’m now doing. Giovanni is the most generous person, I am so grateful to him. He was running the Palaia [a group of holiday houses just outside the town], and handed this over to me to manage. And then when another guy decided to retire, he contacted Giovanni who put him in contact with me. I now manage most of the properties that he had managed.
I find this work satisfying. Previously, I had always worked on projects in a cerebral way, which sometimes felt meaningless. With this work, I get a sense of accomplishment, and that makes me happy. For example, at the peak of the season, I might help with cleaning the houses, everybody is involved. ‘OK, I’ll clean the oven’ – then that’s something accomplished. There are far more pluses than minuses with this job: I have a circle of trusted people working with me, I meet people that are different, I learn things that are interesting. I like organising things, and, mostly, people are really satisfied with what we do. It suits me because I like welcoming people. And, I have important responsibilities, because I have the keys to 14 houses.
I’ve just started a small project of visits to a local winery. I think I started in the right way, because it didn’t begin with some kind of theoretical proposal. I began sending guests to have a wine tasting, then I went along a couple of times, and I realized that there was a problem because the most interesting part is the personal history – he’s a very interesting guy, but his English is limited. So, I suggested that we could do this thing together, ‘I can send you people, I can come along and translate’. The first one is tonight.
I almost can’t believe that I live here. I always thought I would live in Pavia, maybe in Milan. Anghiari is a place with a very high quality of life, the people are friendly, you can really feel part of the community. There is a passion, a sense of history and culture. It’s a place where extraordinary things happen. You can meet interesting people, you can meet actors – I saw Claudia Cardinale here. There is a very lively life.
I only get back to Pavia to see my brother and sister at Christmas. Now, with the houses, it is almost impossible to get away – that is the downside of my job. On the other hand I feel proud being able to explain things about Anghiari to people. I think that, having come from the outside, I notice things that the people here might take for granted. Ancient rituals, like the procession on Good Friday, which, I think, is quite extraordinary.
Before I came to Anghiari, Elisa had said ‘It is very beautiful’. The first time I came, I arrived from Sansepolcro, and it really looked amazing – the mediaeval walls rising above the valley. I had the feeling of living in a kind of Tuscan dream.
Now Elisa and I are taking a big step because we are asking the bank for a loan to renovate the house we share with her parents. We have decided that it will be our main house – it’s quite a big important decision. How we came to it? Well, one of the conditions of our relationship was that we would stay here, in Anghiari, in the area, because Elisa has very strong connections here and really wouldn’t have considered moving to the north. Then, we decided we had to move from the apartment we were renting in the old part of town. We liked it very much, but there were structural problems that were going to require major renovations. So, we decided it would be better to invest in something that would be our own…. And now… we have had a lot of discussions with Elisa’s parents – obviously this is a complex situation and renovations will be a disruption for everyone. But we hope that the outcome will be better for us all living in the same place.
I really like living in Anghiari. I like the people. I have made friends, especially with Elisa’s friends and her cousins, but also I have real friends amongst the owners and guests of the places I manage. And I feel welcomed here.
Ann and Mirella