Belonging in Anghiari – Fabrizio Lepri

Appartenenza ad Anghiari – Fabrizio Lepri

18 maggio 2024

Fabrizio suona la viola da gamba e ricrea strumenti antichi. Quest’anno in aprile in una notte fredda e piovosa sono andata a un meraviglioso concerto che aveva organizzato a La Badia, la chiesa del dodicesimo secolo vicino a dove abito io. L’ho intervistato in quello che è stato l’Istituto d’Arte e che al momento è la sede di un progetto finanziato dal PNRR sulla ricostruzione di strumenti rinascimentali. L’intervista si è svolta in italiano è stata trascritta e tradotta in inglese da Mirella Alessio. Questa è la versione editata.

Sono nato ad Arezzo il 18 maggio 1968, ma sono cresciuto completamente qui ad Anghiari. La mia famiglia… non sono anghiaresi, mio padre è di vicino Arezzo, mia madre umbra, di Citerna. Lavoravano qui ad Anghiari e l’hanno scelto come dimora.

Sono andato a scuola un po’ qui, un po’ a Sansepolcro, ho frequentato le scuole superiori ad Arezzo. Verso i 12 anni ho cominciato ad avere una passione per la musica. La mia maestra delle scuole elementari ci faceva sentire musica classica, io devo tutto a lei, il mio rapporto con la musica classica, con qualcosa per amarla ci devi entrare in contatto. Ho imparato da maestri privati, ho iniziato con un maestro privato per la teoria musicale ad Anghiari, poi a Sansepolcro, poi ad Arezzo. Ho iniziato con il violoncello e con il contrabbasso e a 16 anni sono entrato in Conservatorio a Firenze. Era possibile all’epoca così ho iniziato il Conservatorio a Firenze, andavo al liceo, prendevo il pullman la mattina.

Dopo il conservatorio ho studiato 2 anni a Perugia e poi a 24 anni sono andato al Conservatorio Reale a Bruxelles dove ho studiato la viola da gamba. Dopo gli studi a Bruxelles sono rimasto un pochino all’estero, ho suonato in tutta Europa, praticamente dappertutto. E poi sono tornato nel 2000 in Italia, ad Arezzo perché avevo una compagna che abitava lì, sono tornato ad Anghiari nel 2007. Qui s’è deciso perché io amo questo territorio, sono venuto via dal Belgio anche se là c’era molto, molto più lavoro. Suono prevalentemente da solo e con piccoli ensemble diversi, non ne ho uno stabile tranne Ombra Lucis che ormai va avanti da 20 anni.

Credo che anche questo mio amore per la musica antica è nato proprio parallelamente con la bellezza arcaica di questo luogo. Ho un legame fortissimo con Anghiari, ma soprattutto con il territorio, i dintorni, con questa vallata, con tutta la parte collinare… c’è una luce diversa. E i vigneti, uliveti, cipressi… tutto quello che mi mancava nel nord Europa. È dentro il mio modo di suonare, si rimane un po’ imprintati. Quando ero in Belgio sognavo i cipressi.

C’è qualcosa di speciale nel centro storico, non so…. Penso che sia più la posizione, è proprio come è allocato, è la classica cipollina medievale, il panorama che si gode dalla città, la luce, il canto dei rondoni, certo ci sono in tutta la Toscana, ma particolarmente qui. Ho provato diverse volte a vivere nel centro storico, ma per me è troppo scomodo con gli strumenti, il laboratorio. Ho abitato prima qui in via Nenci, poi qua su per le scalette rosse e poi lungo La Croce. Adesso abito sotto Anghiari però lo vedo.

Io ho iniziato perché ero appassionato dello studio degli strumenti e poi il passo diciamo vicino, ho cominciato a costruire gli strumenti. Il Conservatorio a Bruxelles era anche un’università e quindi ho fatto anche gli studi di organologia, lo studio di strumenti musicali. Avevo studiato con Karel Moens che era il curatore, direttore, restauratore del Museo di strumenti musicali di Bruxelles che, insieme a Vienna, è uno dei più grandi in Europa. Con lui ho fatto tante ore di lezione, sono stato a bottega di vari liutai. Quando sono tornato in Italia ho fatto un lungo periodo come antiquario, tutto il restauro lo facevo io.

È un’esperienza diversa suonare quando si fa lo strumento. C’è molta, molta più consapevolezza dello strumento adatto a quello che tu vuoi fare. Ogni strumento è diverso e ogni strumento può presentare delle caratteristiche diverse, non c’è una perfezione assoluta, non a caso anticamente c’erano molti più strumenti, ognuno caratterizzava una parte del repertorio, certi repertori sono nati su quello strumento lì e non si possono adattare su un altro strumento.

Il progetto su cui lavoriamo qui è la ricreazione di strumenti antichi che sono andati perduti, distrutti. Ci sono tanti strumenti che noi non abbiamo più fisicamente da 800 anni, perché il legno è deperibile, le mode passano… e quindi ci sono alcuni effetti importanti del repertorio che sono sprovvisti di questi strumenti e vanno ricostruiti. La parte interessante è capire come loro all’epoca progettavano questi strumenti… il vero patrimonio, tutte quelle conoscenze che aveva il liutaio dell’antichità su cui si basava per progettare gli strumenti…. L’idea è abbastanza semplice: riascoltare quello che non c’è più.

La fonte principale per questi strumenti sono i dipinti. L’affresco in particolare per questo progetto qui è a Ferrara che è uno snodo molto importante per gli strumenti musicali. C’era una corte molto attiva sia con Ercole I, ma soprattutto con i due figli, Alfonso e Isabella d’Este, che è un po’ la madrina del Rinascimento. È un grande affresco che mostra tutte quelle che erano le pratiche musicali della corte estense. Si trova nella chiesa di Santa Maria della Consolazione databile al 1515. L’affresco è molto in alto e la cupola è molto deformata così si è fatto fare da un fotografo professionista il rilievo fotografico che interessava a noi.

L’unico legno che è indispensabile per questi strumenti è l’abete rosso che si usa per fare la parte che veramente suona, la tavola armonica. Deve essere per forza di conifera della val di Fiemme, il bosco di Paneveggio, che è sempre stato importante per la produzione di abete armonico nei secoli perché è ad alta quota e gli alberi crescono con caratteristiche precise, molto adatte per la liuteria. Per i corpi, i manici, la cassa si può usare una grande varietà di legni, nella liuteria classica prevalentemente l’acero che viene dai Balcani, l’acero bosniaco. E poi tanti legni che ci sono localmente: tasso, cipresso, noce, tantissimi legni si prestano, si tenta di usare legni che erano reperibili. In particolare, per questo progetto gli strumenti furono acquisiti dalla corte ferrarese, ma la produzione era veneta, a Venezia per le rotte commerciali arrivavano legni da tutto il mondo, si usavano anche specie più esotiche come l’ebano.

Gli studenti vengono da tutta Italia, specialmente dal nord, Veneto, Emilia-Romagna. (Per il futuro arriveranno molti stranieri, siamo gemellati con istituzioni estere con la stessa finalità). Gli studenti non pagano una retta, hanno una borsa di studio, sono studenti che già sanno lavorare. I mestieri d’arte richiedono un lungo processo di apprendimento, l’umanità sta perdendo un po’ questo, tutto è spinto con una grande accelerazione, certi mestieri moriranno. Agli artisti bisogna dare tempo, creare una società con più tempo. Quando andiamo ai concerti o a una mostra o quando compriamo un manufatto, dobbiamo capire e accettare che richiede tempo.

Il posto per il lavoro è qui perché ci sono laboratori adatti, l’edificio è bellissimo, è il contesto giusto da molti punti di vista. Nel passato qui si faceva esattamente la stessa cosa, questo era un posto deputato al restauro ligneo, il rilievo, la progettazione di un’opera filologica, le tecniche della liuteria sono un pochino le stesse dell’ebanisteria: l’intaglio, la tarsia, la decorazione, la laccatura, la doratura, il disegno dell’ornato. Ho pensato che dava una continuità, producendo altri oggetti, all’anima di questo posto.

Questo era uno dei pochi Istituti d’Arte… si diventava maestro d’arte, un bel termine. Era dedicato al restauro ligneo, ma uno poteva anche fare dei manufatti completamente nuovi seguendo la grande tradizione della lavorazione lignea, la tarsia, la tarsia italiana, la tarsia negativo su positivo, tutte le tecniche antiche che c’erano in Italia. Una grande tradizione, il nostro è un paese di artigiani prevalentemente. Il mio grande legame con il legno è con la storia, perché è veramente qualcosa di universale: non si vive la propria vita, ma si vive anche la vita di chi ci ha preceduto, va al di là della propria breve vita… e attraverso l’insegnamento sulle generazioni future si va oltre, si diventa parte di un’esperienza molto più vasta.

Con questo posto spero che ci sia una continuità poi, cioè riuscire a tenerlo aperto, per riportare qua i grandi maestri che qui ci hanno insegnato e proseguire la tradizione dei manufatti lignei. Bisogna trovare il sistema, delle idee per farlo vivere.

Il progetto finanziato dal PNRR dura 3 anni, è già un anno e mezzo che stiamo lavorando. Continuerà a Gradara, un piccolo comune sull’Adriatico, una volta che è pronta questa infrastruttura. È una grande torre dove ci saranno i laboratori, al secondo piano un museo organologico dove ci saranno gli attrezzi dell’epoca, le rotte commerciali, le fasi costruttive, le tecniche, collanti, resine… (in Europa ci sono musei di strumenti, ma non così, non di come si producevano) e all’ultimo piano ci sarà un piccolo auditorium.

Per quanto riguarda i concerti, qualcosa facciamo sempre su Anghiari, con grande fatica, però io sono un po’ anghiari-centrico, ma è molto difficile, è un piccolo comune e mancano risorse vere. Ogni anno invitiamo qualche grande musicista e tutti si innamorano un pochino di questo luogo. I concerti sono gratuiti per tutti, li voglio accessibili il più possibile per permettere alla gente di incontrare questo repertorio. Queste cose continuano a vivere se è la collettività intera che se ne fa carico, e che dice ‘noi vogliamo che questa iniziativa esista’.

Vedo le difficoltà per i giovani di acquisire un ‘linguaggio’ diverso, diventa sempre più difficile. Il lavoro che tutti possono fare è un lavoro di presidio. Se io non avessi avuto la mia maestra che mi faceva sentire musica classica non mi ci sarei mai avvicinato. Nella musica ho trovato me stesso e la bellezza. Io credo che la bellezza è connaturata, il nostro ruolo è far avvicinare i giovani, trasmettendo questa tradizione.

Il mio sogno è creare una piccola isola qui ad Anghiari dove si ritrova una dimensione umana del vivere, dove riconquistare il tempo. Mi piacerebbe far rivivere la bottega, la bottega era luogo di lavoro, di conoscenza, ma soprattutto era luogo di aggregazione, la gente andava dall’artigiano, si beveva un bicchiere di vino, si conversava. Era tutta un’altra dimensione del trascorrere del tempo e del socializzare intorno a qualcosa che stava crescendo, in divenire. Io l’ho conosciuta, gli ultimi retaggi, i grandi artigiani che erano ancora vivi qui, era una dimensione bellissima… quella di non fare magari niente, sedersi e vedere uno che sta lavorando, una dimensione diversa del lavoro, che non è solo produrre, è creare. C’è molta differenza tra ‘creare’ e ‘lavorare’.

Belonging in Anghiari – Fabrizio Lepri

18th May 2024

Fabrizio plays the viola da gamba and makes traditional instruments. In April this year, on a cold and rainy night, I went to a wonderful concert organised by him in La Badia, the 12th century church around the corner from where I stay. I interviewed him in what was the Istituto d’arte and is currently the site of an EU funded project on the reconstruction of Renaissance instruments. The interview was conducted in Italian, and transcribed and translated into English by Mirella Alessio. This is an edited version.

I was born on 18th May 1968, in Arezzo, but I grew up here in Anghiari. My family… they are not anghiaresi, my father comes from near Arezzo, my mother is from Citerna in Umbria. They worked in Anghiari and chose to live here.

I went to school here and in Sansepolcro, and then I attended high school in Arezzo. Around the age of 12, I started to develop a passion for music. My primary school teacher made us listen to classical music and I owe it all to her, my relationship with classical music – to love something, you need someone to take you close to it. Initially, I learnt from private teachers – I started with a musical theory teacher in Anghiari and, then, in Sansepolcro and later in Arezzo, I had lessons with instruments, starting with the cello and the double bass. And then, at the age of 16, I entered the Conservatory in Florence. At the time, it was possible to attend high school and start at the Conservatory, so I caught the bus to Florence every morning.

After the Conservatory, I studied for 2 years in Perugia and then, at 24, I went to the Brussels Royal Conservatory, and that is where I studied the viola da gamba. After my studies in Brussels, I stayed abroad for a while; I played all over Europe. And then, in 2000, I returned to Italy, initially to Arezzo because my girlfriend at the time lived there, and then I came back to Anghiari in 2007. Even though there was a lot more work in Belgium, I decided to move back here because I love this land. Now, I play with different small ensembles, I don’t have a stable one apart from the small Ombra Lucis that has been going for 20 years.

I think that my love of ancient music was born in parallel with the archaic beauty of this place. I have a very strong connection with Anghiari, but above all it is the landscape – this valley, all the hills … there is a different light. And the vineyards, olive groves, cypresses – I was missing all of this in Northern Europe. It is inside my way of playing – a place imprints itself on you. When I was in Belgium I was dreaming of cypresses.

There is something about the historical centre, but I don’t know really… I think the most important thing is its location, the classic medieval onion shape, the view from the town, the light, the swallows singing. Yes, they are all over Tuscany, but here is special. I have tried many times living in the historical centre, but it is too difficult for me with the instruments and a workshop. I lived here in via Nenci, then up the red steps here and then along La Croce. Now I live below the walls, but I can see the town.

I started learning how to make instruments because I had a passion for studying them, which is a small step towards making them. The Conservatory in Brussels was also a university, so I attended organology studies, the study of musical instruments. I studied with Karel Moens who was the curator, director and conservator at the Museum of musical instruments in Brussels, which together with Vienna, is one of the biggest in Europe. I had lots of lessons with him, and I was an apprentice with a number of luthiers. When I came back to Italy, for a long period I worked as an antique dealer, doing all the restoration work myself.

It is a different experience playing when you make instruments. There is more awareness of the right instrument for what you want to do. Every instrument is different and has its own characteristics, there isn’t some absolute of perfection. It is not by chance that in the past there were many more instruments, each one for a part of the repertoire, and some repertoires were born for a specific instrument.

The project we’re working on here involves the recreation of ancient instruments that have been lost or destroyed. There are very few that still physically exist from say 800 years ago because wood is perishable, fashion changes… and so there are some important effects in the repertoire for which we don’t have the instruments. So, they have to be reconstructed. The most interesting part is understanding how they were designed at the time … the true heritage, all that knowledge that a luthier had in ancient times, on which he based his instrument designs. The idea is rather simple: to be able to listen again to something that doesn’t exist anymore.

The main source we have for these instruments is paintings. And, for this project, it is a fresco in Ferrara, which was an important hub for musical instruments. There was a very lively court with Ercole the First, but even more so with his two children, Alfonso and Elisabetta d’Este, a kind of Renaissance godmother. It is a big fresco that shows all the musical practices at the Estense Court. The church is Santa Maria della Consolazione, dated around 1515. Because the fresco is so high up and the cupola deformed from a perspective point of view, we had to get a professional photographer with special equipment to photograph the sections we were interested in.

The only indispensable wood for these instruments is red spruce which is used to make the part that really plays, the harmonic plate. It comes from the Paneveggio forest in the Fiemme valley which has been important for harmonic spruce for centuries – with the high altitude, trees grow with specific characteristics very suitable for lutherie. For bodies, necks, plates you can use a great variety of wood – in classic lutherie, it is mainly Balkan maple. But there are many local woods that are suitable – yew, cypress, walnut – and we try to source them locally. The instruments for this project were found at the Ferrara court, but they were produced in Venice where wood arrived from all over the world and so they used more exotic species like ebony.

Students involved in the project come from all over Italy, especially from the north, Veneto, Emilia-Romagna. (In the future, others will come from abroad as we are twinned with foreign institutions.) They don’t pay, they have grants, they already know how to work. Artistic crafts require a long learning process, which we are losing now – with all the push for acceleration, skills will die. We must give more time to artists, create a society with more time. It is important to understand that when we go to a concert or a museum, or buy an object, it requires time.

I thought the project could be located here because there are suitable workshops, the building is very beautiful, the context is right from many points of view. We are doing exactly the same thing that was done in the past – this was a place dedicated to wood restoration that included also the design of a philological piece and the lutherie techniques that are more or less the same. They were teaching cabinetmaking: carving, inlays, decoration, lacquering, gilding, decorative painting. I thought it would provide continuity, producing other objects of the soul of this place.

It was one of the few Istituti d’arte … one became a Maestro d’arte – what a wonderful expression. It specialized in wood restoration, but they also built totally new pieces, following the great tradition of wood working, inlay, Italian inlay, negative/positive inlay, all the ancient techniques present in Italy. A great tradition, ours is a country made predominantly of artisans. My own connection with wood is through history, because it is really something universal – we live not only our lives, but also the lives of those who came before us, it goes well beyond our short life…and through teaching future generations, we go beyond, we become part of a much bigger experience.

I hope there will be continuity here, that, after the end of this project, this workshop can be kept open, and famous masters who have taught here brought back to continue the heritage of working with wood. We must find a way to keep it alive.

This is a 3 year project funded by PNRR [National Recovery and Resilience Plan] and we have already worked for a year and a half. It is going to be transferred to Gradara, a small town on the Adriatic coast, once some major building work has been completed. This is in a big tower where there will be workshops, a museum on the second floor with tools of the time, the trade routes, construction phases, techniques, glue, resins… (in Europe there are collections of musical instruments but not like this one on how they were made) and on the top floor there will be a small music hall.

With regard to concerts, we always play in Anghiari – I am a bit Anghiari-centric – but it is difficult, it is a small town, lacking resources. Every year we invite a famous performer, and they always fall a bit in love with this place. Concerts are free for everybody – I want them to be as accessible as possible, to allow people to encounter this repertoire. It will be kept alive if the community takes it up as its own, says ‘we want to support this initiative’.

I can see the difficulties for young people acquiring a different ‘language’. But there is a job we can all do in supporting and inspiring them in finding their path. If I hadn’t had my teacher who made me listen to classical music, I wouldn’t have discovered it. In finding music, I found myself and I experienced beauty. I believe that beauty is innate and that we have a role to play in bringing young people close to it, passing on this heritage.

My dream is to create a little island here in Anghiari where you can again find the human dimension of living, to win back time. I would like to bring life back to the ‘botteghe’, which were working places, places of knowledge, but also meeting places – people went to the artisans’ workshops, drank a glass of wine and talked. It was a whole different dimension on how to pass time, how to socialize around something that was growing. I experienced it, the last legacy of the great artisans still alive here, it was a splendid dimension … perhaps doing nothing, just sitting and watching someone working, a different dimension of working – creating, not simply producing. There is a big difference between ‘working’ and ‘creating’.

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